Quale futuro per la ex Banca d’Italia di Latina?

In relazione alla suggestione della proposta “100 idee per il Centro” del consigliere regionale Enrico Forte e al dibattito politico scaturito circa la destinazione d’uso dell’ex Banca d’Italia, colgo l’occasione per contribuire alla discussione.

Crediamo veramente che destinare l’immobile dell’ex Banca d’Italia a “spazio” per le Politiche Giovanili”, o sede universitaria, o affidarla genericamente ai giovani, siano le soluzioni migliori? In assenza di un’idea complessiva dello sviluppo della città e quindi anche del suo centro storico, si rischia un puro esercizio dialettico privo di un’orizzonte di senso. Il tempo è arrivato perché -finalmente- si prenda coscienza come sia fondamentale avere un’idea programmata e armonica del futuro-prossimo della città e del suo territorio.
È tempo che una classe dirigente responsabile e lungimirante si ponga la domanda: cosa vogliamo che diventi Latina tra 20/30 anni? Sono passati 50 anni (13 gennaio 1972 Piano Piccinato) dall’approvazione dell’ultimo piano regolatore, un piano che inevitabilmente risente di datati criteri informatori (era prevista una capacità insediativa di 250 mila abitanti) e superati standard urbanistici. È tempo che la città affronti la discussione di un nuovo piano urbanistico generale, di una nuova pianificazione di ampia prospettiva, strumento fondamentale di composizione e sintesi degli interessi relativi al governo della città. La legittimazione del nuovo piano si fonderà su approfonditi processi di analisi, ricerca e ascolto; avrà il suo inizio dall’attuale quadro pianificatorio, per cogliere le nuove emergenze ed opportunità che la città e la sua comunità hanno manifestato in questi anni: stop al diffuso degrado edilizio, processo di valorizzazione del centro-storico e del suo litorale, incremento e qualità dei servizi, rigenerazione e qualità urbana, transizione ecologica, nuova economia circolare, salvaguardia del territorio, diritto alla casa, nuovi investimenti pubblici e privati. Del resto il Comune, entro il termine del 10 giugno 2023, dovrà provvedere alla revisione generale della strumentazione urbanistica comunale ed adeguarla alla disciplina del Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) che secondo il modello delle “città giardino” sviluppatesi in Inghilterra all’inizio del ‘900, conterrà misure sostenibili per la valorizzazione ed il recupero degli insediamenti urbani periferici, la riqualificazione delle aree particolarmente degradate, il recupero del patrimonio edilizio esistente, la riqualificazione del centro storico e delle relative aree di rispetto, la salvaguardia delle visuali dei beni paesaggistici presenti e l’inserimento di impianti vegetazionali anche ai fini della definizione dei margini degli insediamenti.
Occasione unica da non perdere.
Avere la capacità di riformulare un nuovo piano urbanistico rappresenta lo strumento più efficace per la trasformazione, non solo spaziale della città, ma anche per la sua programmazione economico e sociale in un quadro di futuro sostenibile. Per quanto scritto, appare evidente che continuare a parlare della città per “compartimenti stagni” quali il centro, il nucleo di fondazione, l’isola pedonale, il lido, la Città della Cultura, della Salute, del Teatro, dell’Università, della Musica, dello Sport, dei Bambini, dei Ragazzi, del Gusto, del Verde (leggo nel documento “Patto per Latina”), sino alle infrastrutture quali la “Mare-Monti”, o la “metrotranvia”, non solo risulta limitativo ma inconsapevolmente fuorviante.
Si obietterà: per decidere la destinazione d’uso dell’ex Banca d’Italia, dobbiamo fare un nuovo Piano Urbanistico della città? Forse no, ma si evitino le titolazioni sulle molteplici “Città possibili”, destinate -così facendo- a rimanere “città invisibili” in assenza di un quadro progettuale d’insieme.
È il momento di ragionare in un’ottica di visione unitaria e partecipata di tutto il sistema urbano e urbanistico di Latina, solo così la risposte alle domande di destinazione sui molteplici ex-spazi saranno le più finalizzate e quindi le più corrette.
Non siamo all’anno zero.
L’esperienza può guidarci su linee di sviluppo socio-economico realizzabili perché dimostratesi valide e concrete quali: il sistema città-università, l’economia di natura, l’economia dell’esperienza, l’economia del blu, esperienze avviate con successo in altri contesti di città italiane, ai quali i “fondamentali” di Latina e del suo territorio non sono da meno.
Nell’attesa, ben vengano le “100 idee per il Centro”, e la discussione sulla destinazione più funzionale e razionale per l’ex Banca d’Italia e dei tanti, troppi ex “spazi” di fondazione, vera risorsa inutilizzata di questa città.

*Maurizio Guercio
Presidente “Anima Latina

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