Con il crollo della produzione nazionale di olive le famiglie del Belpaese devono dire addio a quasi 1 bottiglia su 3 di olio extravergine Made in Italy mentre l’esplosione dei costi mette in ginocchio le aziende agricole e con l’inflazione generata dal conflitto in Ucraina volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio.
Con il crollo della produzione nazionale di olive le famiglie del Belpaese devono dire addio a quasi 1 bottiglia su 3 di olio extravergine Made in Italy mentre l’esplosione dei costi mette in ginocchio le aziende agricole e con l’inflazione generata dal conflitto in Ucraina volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio. E’ quanto emerge dall’esclusivo report “2022, la guerra dell’olio Made in Italy” di Coldiretti e Unaprol diffuso in occasione dell’avvio lungo la penisola della raccolta delle olive 2022/2023 in un anno profondamente segnato dai cambiamenti climatici e dai rincari di energia e materie prime che pesano su aziende e famiglie. In via XXIV Maggio 43 presso la sede di Coldiretti a Palazzo Rospigliosi sono state spremute in un vero frantoio, dal vivo, le prime olive di quest’anno alla presenza del Presidente di Coldiretti Ettore Prandini e del Presidente di Unaprol, l’associazione degli olivicoltori, David Granieri.
La raccolta inizia dalla Sicilia per poi risalire la Penisola fino a Nord dove l’ulivo con i cambiamenti climatici è arrivato fino alle vallate alpine. A pesare sulla produzione nazionale, con un calo stimato del -30%, è stata una siccità devastante mai vista negli ultimi 70 anni che ha messo in stress idrico gli uliveti danneggiando prima la fioritura e poi le gemme, soprattutto in quelle zone dove non si è potuto intervenire con le irrigazioni di soccorso per dissetare e rinfrescare le piante. Ma diverse aziende hanno deciso di non intervenire per gli elevati costi di carburante, elettricità, service e prodotti di supporto alla nutrizione dei terreni. Salva la qualità, con l’Italia che può vantare il più ricco patrimonio di varietà di olii a livello mondiale.
Con l’esplosione dei costi aumentati in media del 50% nelle aziende olivicole – evidenziano Coldiretti e Unaprol – quasi 1 su 10 (9%) lavora in perdita ed è a rischio di chiusura, secondo dati Crea. A pesare, in particolare – continua Coldiretti – i rincari diretti e indiretti determinati dall’energia che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne mentre il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra anche un incremento del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti e Unaprol. Olivicoltori e frantoiani sono costretti a fronteggiare l’incremento dell’elettricità, i cui costi sono quintuplicati.
E se i costi crescono mentre scendono i ricavi delle imprese, il carrello della spesa delle famiglie registra aumenti dei prezzi al dettaglio per la maggior parte dei prodotti della tavola – spiegano Coldiretti e Unaprol – con l’olio extravergine d’oliva per il quale sono attesi forti rincari sugli scaffali in autunno con l’arrivo delle nuove produzioni.
La raccolta – riferiscono Coldiretti e Unaprol – è partita in Sicilia, che da sempre anticipa tutte le altre regioni italiane con una produzione in netto calo rispetto alla campagna precedente, attestatasi intorno a 330 milioni di chili di olio prodotto. Il calo è diffuso del Sud Italia, specie nelle regioni più vocate all’olivicoltura come Puglia e Calabria, che da sole rappresentano circa il 70% della produzione olivicola nazionale. Specialmente in Puglia, cuore dell’olivicoltura italiana, si rischia un taglio fino al 50% a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi dalla siccità, mentre continua a perdere terreno il Salento – denunciano Coldiretti e Unaprol – distrutto dalla Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale. Nelle regioni centrali, come Lazio e Toscana, l’andamento è a macchia di leopardo con un leggero rialzo della produzione rispetto all’anno precedente, stimabile tra il 10 e il 20%. Sembra andar meglio invece nel resto d’Italia con il Nord, che segna un aumento produttivo attorno al 40-60% fra Liguria, Lombardia e Veneto.
Per sostenere le produzioni nazionali, resistere ai cambiamenti climatici e difendere la sovranità alimentare nazionale e la dieta Mediterranea di cui l’olio è componente fondamentale occorrono un piano strategico per la realizzazione di nuovi impianti olivicoli con varietà italiane, risorse per contrastare l’aumento vertiginoso dei costi di gestione delle aziende agricole e realizzare nuovi sistemi di irrigazione ma – concludono Coldiretti e Unaprol – servono anche opere infrastrutturali di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini e utilizzando anche le ex cave per raccogliere l’acqua piovana in modo da raccoglierla quando è troppa e gestirne l’utilizzo quando serve.
Il consiglio di Coldiretti e Unaprol per sostenere le aziende italiane e non cadere nell’inganno del falso Made in Italy è quello di scegliere verificando attentamente l’etichetta. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta – precisano la Coldiretti e Unaprol – è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile tanto che i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente.
“Occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese con 250 milioni di piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità ma anche un sistema economico che vale oltre 3 miliardi di euro grazie al lavoro di un sistema di 400mila imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione che producono un alimento importante per la salute che non deve mancare dalle tavole degli italiani” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare “l’obiettivo di rilanciare una produzione nazionale dell’olio d’oliva messa a rischio anche dal Nutriscore sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali come l’olio d’oliva che è uno dei pilastri della Dieta Mediterranea conosciuta in tutto il mondo grazie agli effetti positivi sulla longevità e ai benefici per la salute”.
“Non è più rinviabile un piano strategico nazionale dell’olivicoltura che metta al centro le aziende che sono sul mercato, producono reddito e occupazione, oltre al recupero dei tanti uliveti abbandonati che devono essere rinnovati per ridare ossigeno e speranze ai territori – spiega il Presidente di Unaprol, David Granieri -. Dobbiamo proseguire a livello internazionale la battaglia per tutelare la qualità del nostro olio extravergine d’oliva, cercando di cambiare anche alcuni parametri che penalizzano i nostri agricoltori già vessati dal cambiamento climatico e dall’aumento sconsiderato dei costi energetici. Il futuro dell’olio italiano passa da questi interventi fondamentali per tutelare un prodotto simbolo del Made in Italy”.