L’altro fa sempre paura

In un mondo che dovrebbe abbracciarsi nel nome naturale della globalizzazione, del multiculturalismo e della multietnicità per i processi fisiologici di osmosi tra popoli stonano sempre le posizioni estreme. Così, se non sorprende la posizione personale di un singolo, genera forte perplessità l’opinione costruita e manifesta di un soggetto a capo di un gruppo: è il caso di Bjoern Hoecke, leader dell’Afd in Turingia, la nuova destra radicale tedesca, che ha tuonato contro quell’ideologia inclusiva che concede ai disabili di frequentare le stesse classi dei normodotati, sottolineando che rallentano il processo di crescita e di apprendimento di quest’ultimi, quindi bambini e alunni con problematiche fisiche e psichiche via!, relegati e ghettizzati in classi tra di loro, emarginati in un processo di buio sociale che li porterebbe inevitabilmente a peggiorare la propria situazione. Chiaro che le parole di questo politico, ex insegnante di storia, riaprono gli scenari del progetto T4, quello schema che nella Germania nazista aveva portato all’eliminazione sistematica di persone ‘differenti’, comprendendo anche gli omosessuali, per ‘preservare’ una razza perfetta. Eppure Hoecke non è solo in questo folle pensiero politico, il suo partito in alcune regioni come Turingia, Sassonia e Brandeburgo oscilla tra il 20 e il 30%, land chiamati all’appuntamento elettorale il prossimo anno. Eppure la diversità è fonte di ricchezza, non il chiudersi in se stessi, una sorta di sonno autoreferenziale che genera spesso mostri. Consiglio gratuito a Hoecke e ai suoi accoliti: leggete in questo scampolo d’estate che resta ‘L’altro’, piccolo saggio sempreverde del sociologo polacco Ryszard Kapuscinski. Magari impareranno che l’altro comincia dove inizia la volontà di capire e curiosare, superando metaforiche e fisiche colonne d’Ercole che ci limitano la conoscenza. “Ogni volta che l’uomo si è incontrato con l’altro, ha sempre avuto davanti a sé tre possibilità di scelta: fargli la guerra, isolarsi dietro a un muro o stabilire un dialogo” diceva Kapuscinski. Viene da sé che la terza strada crediamo sia la migliore.

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