Riflessione, cordoglio e rinvii: lo stop and go dello sport col caso Eriksen

Lo sport è vita e non si ferma: dal caso Dupasquier all’arresto cardiaco di Eriksen agli Europei di calcio. Il calcio questa volta dà una lezione agli altri sport e mostra più umanità.

Diciamolo francamente che noi amanti delle due ruote e dei motori quando abbiamo visto accasciarsi sul terreno di gioco Christian Eriksen durante Danimarca-Finlandia dei Campionati Europei il pensiero è corso veloce alla fine di Jason Dupasquier. Il pilota diciannovenne svizzero è morto durante la fase agonistica delle prove in Moto3 durante il Gp del Mugello, così abbiamo vissuto la stessa apprensione quando abbiamo visto il giocatore danese, che in Italia conosciamo perché gioca nell’Inter, cadere sul manto del Parken Stadium di Copenaghen senza che ci fosse stato un contatto con un avversario. Subito i compagni hanno capito il momento, si sono sbracciati e hanno richiamato a gran voce l’assistenza medica, che si è prodigata per i primi rudimenti di pronto soccorso fino all’epilogo felice. Però, attardiamoci a riflettere su alcune istantanee.
Il calciatore danese s’accascia per un arresto cardiaco, interviene il medico della Danimarca mentre tutti i compagni creano una sorta di cordone sanitario, o meglio uno scudo, dove si notano i giocatori con la faccia distorta dalla disperazione mentre pregano, contrastati dall’atteggiamento da leader silenzioso del capitano Kjaer, che è uno dei pochi che assiste al rinvenimento di Eriksen fino a correre a consolare la fidanzata del compagno, visibilmente provata a bordo campo. Ecco, qui abbiamo vissuto un altro flash: le rigide regole della Uefa sono state superate da un concetto di umanità che fino ad allora difficilmente credevamo che potesse albergare nei cuori dei dirigenti della potente Federazione, tant’è che quella donna in lacrime avrebbe avuto la possibilità di abbracciare il suo amato, chance che durante la pandemia per motivi di sicurezza sanitaria non è stato possibile a chi su un letto di un ospedale elemosinava l’estremo saluto dei suoi cari.
Ancora, la Uefa congelava la partita, comunicava in accordo con la Federazione danese e finlandese di fermare il match fino a quando non si sarebbero sapute le reali condizioni di Eriksen: un atteggiamento di rara umanità di cui non abbiamo precedenti nel mondo del calcio e, forse, sportivo. Forse abbiamo capito che l’umanità può migliorarsi tramite l‘umanità e non attraverso il perseguimento di obiettivi economici tradotto nell’inevitabile show must go on. E che dire poi della splendida cornice di pubblico che ha accolto le due squadre al rientro in campo, dopo ver appreso dello scampato pericolo di vita del giocatore danese, quando il pubblico ospite ha urlato ‘Christian’ e quello di casa ha risposto ‘Eriksen’. E poi, la solidarietà e l’affetto di Lukaku, bomber del Belgio e compagno di squadra all’Inter di Eriksen, che un’ora dopo, giocando Belgio-Russia ha urlato alle telecamere ‘Chris, i love you’. A volta dal mondo del calcio impariamo cose davvero belle.

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