Quelle storie che ci fanno tornare bambini

Il weekend scorso ci ha lasciato in eredità una favola contemporanea da tirare fuori nelle notti da tregenda, davanti al camino, da raccontare come una volta a nipoti e figli. La storia dei 4 fratellini di origine indios precipitati nell’Amazzonia colombiana e ritrovati dopo una quarantena di isolamento e sopravvivenza. Ci siamo stupiti e abbiamo esultato per l’happy end di una storia che era cominciata come un dramma, proseguita come una tragedia e terminata come una favola. La storia è nota: il 1° maggio i 4 fratellini si imbarcano su un Cessna insieme alla madre, a una guida e al pilota, un taxista che la crisi economica ha rigenerato in aviatore, per raggiungere il padre, rifugiatosi in un’altra cittadina per sfuggire alle minacce dei narcotrafficanti. Il piper ha un guasto, precipita nel bel (?) mezzo della jungla, gli adulti muoiono nello schianto, sopravvivono Lesly, 13 anni, Soleini, 9, Tien, 4, e Cristian, appena 12 mesi. E qui tornano in soccorso i consigli della nonna, su come sopravvivere nella foresta. Intanto sono scattati i soccorsi, quelli veri, quelli dell’esercito e quelli degli indios. Il cerchio delle ricerche parte da 200 km per poi stringersi sempre più fino al lieto fine, con l’uomo che vince sulla Natura, pur senza strumenti tecnologici, ma sopravvivendo come una volta, in simbiosi con essa. È una storia molto sudamericana, che richiama le mirabolanti avventure del fumetto Mister No, che abbraccia le righe narrative de ‘Il signore delle mosche’ di William Golding e gli slanci letterari di Gabriel Garcia Marquez (la partenza del piper è Araracuara, che suona simile ad Aracataca, la città natale del grande scrittore colombiano che trasformò in Macondo). A me ha ricordato, però, soprattutto ‘Il vecchio che leggeva romanzi d’amore’, il romanzo dello scrittore cileno Luis Sepúlveda. Ecco, una disavventura che ha fatto crescere in modo accelerato dei bambini, protagonisti assoluti di una storia da raccontare ai più piccoli. Ma che ha emozionato soprattutto noi grandi, che siamo tornati bambini.

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