Afghanistan: il Sottosegretario Della Vedova incontra rappresentanti delle associazioni per la tutela dei diritti delle donne. Mulè, UCID: focus su giovani e donne, borse di studio e lavoro, rafforzare reti ed enti locali per garantire autonomia ed integrazione. Al G20 si pianifichino schemi di migrazione circolare.
Roma 19 agosto 2021 – Una delegazione di rappresentanti delle oltre 80 associazioni di donne e terzo settore, tra cui reti come Donne per la salvezza, Le Contemporanee, Asvis, Fuori Quota, Soroptimist International Italia, Rete per la parità, UUCID, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, Casa Internazionale delle Donne Roma, Associazione Orlando Bologna, Differenza Donna, Pangea, Be Free e molte altre, è stata ricevuta nelle scorse ore in Farnesina da alcuni funzionari del ministero degli esteri e dal Sottosegretario Benedetto Della Vedova, a seguito della lettera aperta sulla questione afghana alla luce delle drammatiche notizie provenienti dall’Afghanistan e alle correlate preoccupazioni per i diritti umani nel Paese, in particolare quelli delle donne e delle fasce più vulnerabili della popolazione e per l’attivazione di corridoi umanitari per accogliere rifugiati afghani in Italia.
In apertura, il Sottosegretario ha sottolineato l’impegno del Governo per la difesa dei diritti fondamentali della popolazione afghana e il ruolo profilato dell’Italia in sede europea e multilaterale, a partire dal Consiglio Diritti Umani dell’Onu a Ginevra e dal G20 a presidenza italiana. Altresì, il Sottosegretario ha segnalato che il 26 agosto prossimo, presieduta dalla Ministra Bonetti, si terrà a Santa Margherita Ligure la prima conferenza G20 dedicata ai diritti femminili, che potrebbe essere l’occasione per affrontare il tema in relazione all’Afghanistan.
“L’Italia è impegnata – ha affermato il Sottosegretario – nell’accoglienza non solo di tutti coloro che hanno cooperato con il nostro contingente, ma anche di quelli che si sono esposti in questi anni in difesa delle libertà fondamentali e dei diritti civili, soprattutto di donne e minoranze. Dobbiamo mantenere un faro acceso sull’Afghanistan e fare di tutto per salvaguardare quanto conseguito in venti anni di presenza nel Paese”.
Della Vedova ha concordato sull’importanza del ruolo delle associazioni, e del terzo settore più in generale, nel lavorare insieme alle istituzioni per far fronte nella maniera più efficace e spedita possibile all’emergenza in corso, nonché per l’accoglienza di quanti vengono evacuati in Italia. Il Sottosegretario ha infine confermato che l’Italia, in coordinamento con gli altri Paesi dell’Unione Europea, manterrà alta l’attenzione della comunità internazionale sui diritti umani in Afghanistan, con particolare riguardo alle donne e alla comunità LGBTI, esigendone il rispetto secondo gli standard e i principi del diritto internazionale, in tutte le sedi disponibili.
Durante l’ incontro sono state riportate testimonianze dirette e drammatiche della situazione sul campo. Liste per evacuazione incomplete di persone afghane che hanno collaborato con le forze occidentali, donne e bambini che non riescono a raggiungere l’aeroporto di Kabul unico punto di partenza dell’intero Paese, ormai controllato dai talebani, la razzia di bambine nelle case come bottino di guerra per le milizie talebane come da ultima agghiaccianti notizie, posti di blocco ormai ovunque in cui si rischia la vita, comunità LGBTQ presente nel paese ormai terrorizzata, spesso nascosta nelle fogne di Kabul.
Il quadro è terribile e anche per questo le tante associazioni di attiviste, femministe, di donne hanno deciso di mobilitarsi concretamente per incoraggiare le Istituzioni italiane ad aprire corridoi umanitari il prima possibile compatibilmente con la complessa situazione sul campo, ben riportata nel dettaglio dal Sottosegretario Della Vedova e dalle testimonianze dirette delle associazioni cooperanti presenti in Afghanistan.
Nell’ analisi offerta dalle associazioni è emersa la necessità di dettagliare precisamente il numero di persone migranti che il nostro paese ritiene di poter accogliere, come già fatto da Gran Bretagna e Canada, le modalità di accoglienza, bloccando nel contempo i rimpatri o le ricollocazioni delle persone afghane già nel nostro Paese. È stato richiesto di attivare un dialogo con gli enti locali partendo dal coinvolgimento di ANCI in una prospettiva di collaborazione tra terzo settore ed enti locali; le organizzazioni hanno richiamato la forte necessità di una risposta europea di cui l’Italia faccia da apripista, andando oltre le diatribe politiche che caratterizzano il tema migrazioni da sempre. Si è poi fatto presente la contrarietà delle associazioni a un’ unica azione di sostegno ai paesi di prima accoglienza dei rifugiati afghani, tutti paesi con una scarsa tutela dei diritti fondamentali.
Gli interventi delle rappresentanti associative si sono concentrate sulla necessità di arrivare rapidamente a soluzioni concrete, sull’ opportunità o meno di creare un fondo ad hoc su cui dirottare eventuali raccolte di denaro da destinare a progetti di cooperazione, sviluppo, formazione e accoglienza nel nostro Paese e in Afghanistan, di cui le istituzioni, insieme alle organizzazioni più attive, si facciano garanti e parte attiva.
Tra le richieste delle associazioni anche un’attenzione particolare al mondo dell’ istruzione e della formazione per rifugiate e rifugiati con un sostegno diretto a bambine e donne e per chi rimane a operare sul campo in Afghanistan. Un diretto coinvolgimento del mondo universitario italiano risulta fondamentale così come la protezione e la messa in salvo delle attiviste, delle femministe e che si sono spese in questi anni a Kabul e in altri territori del paese mediorientale, come azione di tutela delle esperienze virtuose per la crescita, la cooperazione e lo sviluppo della popolazione e del Paese.
Infine, in attesa del G20 sulla questione femminile previsto per il 26 agosto presieduto da Elena Bonetti dove si ipotizza sarà messo all’ordine del giorno un focus specifico sulla situazione in Afghanistan, le associazioni hanno chiesto di organizzare un follow up più esteso nel mese di settembre in Farnesina, al fine di elaborare una strategia comune e concreta, anche alla luce dei prossimi fatti e delle decisioni dei singoli paesi europei, in una situazione in costante divenire.
Mulè, Referente Nazionale Giovani Donne UCID e membro della delegazione così interviene durante l’incontro:
“È allucinante come nel XXI secolo migliaia di uomini, donne e bambini rischino la vita perché credono nei valori di democrazia, di libertà, di esprimersi o di istruirsi. Ci sono giovani che non hanno nemmeno mai conosciuto le restrizioni del regime talebano e che oggi di colpo si vedono privati della propria libertà.
Quanto sta avvenendo in Afghanistan ha una dimensione e una complessità di portata storica, che può essere gestita solo attraverso un coordinamento internazionale che a cascata nazionale coinvolga tutte le parti sociali attraverso una collaborazione programmata fra Istituzioni e società civile, che rappresenta un volano moltiplicatore di aiuti.
È vero stiamo affrontando una crisi pandemica che ha mostrato tutte le nostre fragilità strutturali, ma non possiamo voltarci dall’altra parte quando stiamo rischiando di arretrare su anni di conquiste di diritti umani.
E allora dobbiamo avere quel coraggio che ebbero protestanti e cattolici quando, insieme, proposero il modello dei corridoi umanitari per gestire l’emergenza rifugiati del 2015, per pianificare l’immediata fase post emergenziale, passando da un modello classico a quello dei corridoi di sviluppo e rendere indipendenti quanti accoglieremo con la garanzia di un programma di integrazione volto a restituire loro una prospettiva di vita e quindi ad una progressiva riduzione del sostegno economico da parte di tutti gli attori coinvolti.
Questo sarà possibile se il nostro focus sarà sui giovani e sulle donne con una pianificazione di percorsi di accoglienza, di orientamento, di istruzione e professionalizzazione attraverso l’istituzione di borse di studio e di lavoro.
Per farlo è necessario potenziare le reti territoriali e gli enti locali ma anche prevedere con le altre forze internazionali nell’ambito del G20, schemi per una migrazione circolare perché non possiamo pensare di farcela da soli.
Questa rete può essere un valore aggiunto nell’azione di Governo per efficacia e credibilità dimostrato a livello nazionale e locale da tutte le associazioni che la compongono.”