Juventus: la squadra degli apolidi che si sente marsigliese

Ah, la Juventus. Qualcuno storce il naso ma il suo nome classicheggiante è scevro da legami coi territori, abbraccia tifosi da ogni dove, guardando al mondo e al meticciato. E chissà a quale città somiglia…

Apolidi, gitani, zingari, vagabondi, senzatetto, pirati e picari, ma anche sendadio e senzapatria, anarchici della prima e dell’ultimora, agnostici e atei, cattolici e calvinisti, musulmani e induisti: sapete, questi signori sotto quale tetto si riconoscono e per quale squadra tifano? La Juventus. Ieri, un amico sufficientemente piccato (eufemismo) per l’articolo su Juventus-Salernitana annotava con voce flautata che chi non si riconosce sotto nessuna bandiera tifa Juventus e chi, invece, riconosce tutte le bandiere ha sempre una porta girevole griffata bianconera che è lì ad attenderlo. Insomma, nella Juventus chiunque può trovare asilo politico, religioso, sessuale e ideologico, vige la grande tolleranza come se fosse una splendida casa delle libertà (cit.). Per questa squadra tifa chiunque, da ogni luogo e in ogni parte: così come nella penisola della Kamchatka trovi un napoletano ecco che scovi anche un tfoso juventino. Algebrico. 

Come dire, la Juventus è la squadra più accogliente d’Italia. Ma che dico, del mondo. Questo amico, nel confortare le sue tesi, nient’affatto partigiane ed estremamente obiettive, sottolineava l’assenza della città di appartenenza: Juventus, ossia gioventù, senza legami territoriali, stante ad amplificare quell’emancipazione tout court che appartiene a chi si sente sin dalla sua nascita figlio della globalizzazione (e non figlio di una buona donna, avrebbe sciorinato qualche volgare tifoso di calcio di un’altra squadra) e quindi appartenente al mondo in modo del tutto naturale.

Un po’ come quando gli argentini, figli di un mondo mediterraneo meticciato, si descrivono per illustrare un’identità sempre difficile da decifrare: no, loro non discendono dagli spagnoli, nè dagli italiani, nè dai francesi e nemmeno da tedeschi o inglesi, loro discendono direttamente dalle navi… Ecco, lo juventino prova a descriversi come un tifoso meticciato, figlio di un destino cinico e baro (soprattutto, eh). Il tifoso juventino, sempre lui, quando si descrive profetizza e declama, se dovesse proprio scegliersi una città allora fuga ogni dubbio: la indica accogliente, idealmente mosaicizzata, dove genti diverse si incontrano per far brillare quella multiculturalità che gli appartiene dalla notte in cui fu avvistata la cometa a Betlemme. E così sceglie la città simbolo del meticciato: Marsiglia. Perché Marsiglia ha un porto che accoglie chiunque, non respinge nessuno: dalla notte dei tempi qui sono sempre stati tollerati tutti, da chi ha abiurato la fede alla fidanzata passando finanche all’appartenenza calcistica. Marsiglia, eh, città juventina. Se qualche tifoso della frangia Kop de Boulogne dovesse leggere questo articolo sappiate che vi ho voluto bene.

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