I detective e la loro anima in un incontro letterario

Quarto appuntamento con la rassegna ‘La grande bellezza’, organizzato dall’Anagtia e patrocinato dalla Regione Lazio, dal titolo ‘Io detective, io José’, dedicato ai detective della letteratura ispanoamericana e a un confronto con la produzione narrativa europea e mediterranea.

Quarto appuntamento con la rassegna ‘La grande bellezza’, organizzato dall’Anagtia e patrocinato dalla Regione Lazio, dal titolo ‘Io detective, io José’, dedicato ai detective della letteratura ispanoamericana e a un confronto con la produzione narrativa europea e mediterranea. L’incontro è previsto sabato 25 febbraio alle ore 17.30 presso la chiesa San Michele Arcangelo a Sermoneta: l’ospite è il giornalista e scrittore Gian Luca Campagna, moderato dallo scrittore Alessandro Vizzino e dal poeta Dante Ceccarini, con letture da parte dell’attrice Amalia Tagliaferri, che leggerà stralci di personaggi che hanno fatto conoscere i grandi autori sudamericani.
L’evento è racchiuso nella rassegna che prende il titolo da quella bellezza che però non vuole essere solo fisica e materiale, ma prende l’accezione di quella promossa da Fedor Dostoevskij nel suo romanzo ‘L’idiota’ quando viene lanciata l’ormai iconica frase ‘solo la bellezza salverà il mondo’.
L’incontro sarà un momento a tu per tu con lo scrittore Gian Luca Campagna e il suo universo di personaggi inusuali e caricaturali, appartenenti a quella solida produzione letteraria ispanoamericana che arriva fino ai Luis Sepùlveda, Manolo Montalbàn, Gabo Marquez, Jorge Luis Borges e Osvaldo Soriano ma affonda anche in Aramburu, Guillermo Saccomanno, Claudia Pineiro, Isabel Allende, Marcela Serrano, Paco Ignacio Taibo Segundo. Sono considerati maestri della letteratura mondiale, eppure il loro successo è stato determinato da una genuflessione al genere giallo, da sempre considerato paraletteratura, anche se sin dalla sua comparsa la letteratura gialla e noir in Italia vede ogni giorno crescere il numero ai autori e di lettori. Ma allora perché è nata l’esigenza in Europa e in Italia la voglia di letteratura gialla? Perché si dice ‘giallo’? E perché il pubblico continua a seguire in maniera pruriginosa tutte le vicende più torbide dell’animo umano? E perchè questo tipo di letteratura si sposa bene con l’animo umano e prova a risolvere ogni caso della società, tanto da sconfinare nel reale e quindi prendere il nome di noir? Partendo da questi quesiti ecco spiegare questo tipo di narrativa che ha creato legami tra mondi apparentemente diversi, come l’Europa mediterranea e il SudAmerica, terra di emigranti.
Ed ecco qui un legame forte e imprescindibile con il noir mediterraneo e giallo continentale. Si parte dal noir mediterraneo, che non è un genere ma uno stile letterario. Plasmato da una percezione, da un senso d’appartenenza, per intenderla alla Massimo Carlotto. Ha in sé il senso dell’inquietudine del noir, ma ha l’anima della mediterraneità, che non è circoscritta in un luogo ma –soprattutto nel tempo della globalizzazione- rimbalza in ogni luogo che la evoca: il cambio di angolazione del crimine, vittime e carnefici che si scambiano di ruolo, gli innocenti che non esistono, i cavalieri bianchi che sono macchiati di nero, il sesso passionale, e poi il vento, il mare, il sole, gli odori della cucina. Aglio, menta e basilico cantava l’aedo Jean Claude Izzo, ma consentitemelo c’è da aggiungere olio (d’oliva, naturalmente, con il burro è vietato cucinare). Che significa questo? Che se Fabio Montale avesse mangiato una bouillabaisse rivisitata sotto il sole di Buenos Aires o sotto gli aliti freddi di Oslo, il lettore avrebbe trovato familiare l’osteria scalcinata della Boca o il locale alla moda di Puerto Madero.

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