È inutile. Non cresceremo mai. Siamo eterni bambini. Non è solo la poetica del fanciullino che brilla sempre dentro di noi per lasciarci la divina curiositas e così scoprire le cose nuove del mondo ma cresce nella voglia continua di ‘ascoltare’ favole.
È inutile. Non cresceremo mai. Siamo eterni bambini. Non è solo la poetica del fanciullino che brilla sempre dentro di noi per lasciarci la divina curiositas e così scoprire le cose nuove del mondo ma cresce nella voglia continua di ‘ascoltare’ favole. E sì, vi ricordate quando eravamo bambini? Per farci addormentare ci raccontavano favole. O ce le leggevano. Non è una consuetudine che s’è persa, esiste dalla notte in cui l’Homo Erectus ha scoperto il fuoco, si rinnova di generazione in generazione, anche con strumenti e tecniche differenti. Chiaramente, quando siamo adulti crediamo di abbandonare questa voglia di addormentarci ascoltando una favola, invece proprio perché siamo usciti da una determinata fase ora ci autogestiamo: e le storie, che sono l’evoluzione delle fabulae, ormai siamo capaci di leggercele da soli. Pensateci, prima, quando ci rimboccavano le coperte, ci raccontavano favole terribili con lupi ancora non in via d’estinzione, matrigne dalla grinta putiniana, regine non benvolute quanto Elisabetta II, sorelle e fratelli da patibolo, oggi invece che abbiamo maturato la consapevolezza che i mostri (cioè, i limiti…) sono dentro di noi ci avventuriamo in thriller e gialli, che in quanto a inquietudine non sono figli minori delle ‘innocenti’ favole di una volta.
Eh, per addormentarci abbiamo ancora la necessità di immergerci in un’altra dimensione, in un altrove dove la fantasia rende tutto reale e la bolla narrativa si trasforma in una comfort zone. Evadiamo, allora. Coltiviamo quel fanciullino, impediamo che si spenga. E leggiamo, quindi. La lettura resta un grande cibo per il cuore e la mente.