Il kiwi tutto l’anno. Non solo come frutto. Ma declinato e trasformato in varie essenze. Partendo dall’aceto di kiwi. E sì, avete letto bene: aceto di kiwi. Ma partiamo dalla fine, perché qui, nelle campagne di Latina, l’aceto di kiwi è il ripieno di un morbidissimo cioccolatino passando, ovviamente, per il condimento a tavola come aceto fino a un mix celestiale con l’olio d’oliva.
Il kiwi tutto l’anno. Non solo come frutto. Ma declinato e trasformato in varie essenze. Partendo dall’aceto di kiwi. E sì, avete letto bene: aceto di kiwi. Ma partiamo dalla fine, perché qui, nelle campagne di Latina, l’aceto di kiwi è il ripieno di un morbidissimo cioccolatino passando, ovviamente, per il condimento a tavola come aceto fino a un mix celestiale con l’olio d’oliva. Oltre che come ripieno per un panettone angelico. Spot politicamente corretto in nome del kiwi o, meglio, dell’azienda L’Agro del Kiwi? No, semplice trascrizione della realtà. In provincia di Latina il kiwi resta il sovrano assoluto nel comparto della frutta, dato che l’actinidia ha fatto capolino da queste parti negli anni ’70 fino a diventarne un caposaldo.
Siamo nelle campagne a metà strada tra la piana di Latina e Sezze, terra fertile, zona di poderi, di tradizione veneta e friulana fusa nel tempo con quella lepina. È qui, in un’estensione verde di cinque ettari, in una delle tante Migliare che si intersecano tra canali, strettoie e campi, che dal 1988 la famiglia Damiano e Ferrari ha cominciato a coltivare il kiwi, alternandolo alle colture di barbabietole da zucchero e pomodori, secondo la richiesta stagionale del ciclo industriale del territorio.
Da queste parti si parla di Kiwi Hawyard, quello classico, quello verde per intenderci, quello da cui oggi Federica ed Enrico, figli di Filomena Damiano e Roberto Ferrari, hanno ricavato da 3 anni una linea di aceti, glasse e confetture da gourmet, oggi conosciute in tutt’Italia col marchio L’Agro del Kiwi. Certo, di strada ne hanno percorsa i due ragazzi, perché quelle glasse e quegli aceti che sono autentico nettare divino, oggi hanno un nuovo competitor. La buona notizia è che il concorrente è in casa, dato che dopo l’esplosione del cioccolatino al kiwi ecco arrivare anche il panettone, dato il periodo natalizio, ma soprattutto una vinaigrette eccezionale, dai forti sentori, esplosiva al palato, dall’aroma genuino e ricercato allo stesso tempo, nata dall’incontro tra l’aceto di vino di kiwi barricato di 5 anni con l’olio dell’azienda Quattrociocchi. E non è un caso se negli eventi enogastronomici griffati salute e benessere, come l’Excellence Food Innovaton, il ‘cioccolatino pontino’ si autoesalta conquistando i presenti, essendo un’autentica delizia per il palato, un ripieno morbido di aceto n. 5 invecchiato che amalgamato col cacao extrafondente forma un mix esplosivo di antiossidanti.
E poi ecco nascere a inizio autunno, quindi recentissimo, attraverso un cobranding, il panettone, che vede l’unione del kiwi candito de L’Agro del Kiwi, ottenuto con la tecnica della canditura, con la maestranza artigianale della ditta ‘Le tre sorelle’ di Messina, che ha già ricevuto importanti riconoscimenti a livello mondiale per il panettone mandorlato. Un incontro dolce e fortunato che dà vita, pardòn lievitazione, a un autentico delizioso pasticcio d’altri tempi.
E ora torniamo al recente passato. Come nasce l’idea di valorizzare il kiwi sotto la forma liquida di aceto? Be’, qui la narrazione si fa emozionale quando si scava per andare a raccontare le origini di come da quel frutto neozelandese che in quegli anni aveva invaso l’Agro Pontino si arriva alla generazione della famiglia Ferrari che unisce la tradizione agricola con l’innovazione e la decisa trasformazione. Così le grandi gioie del palato talvolta nascono per degli errori tecnici in fase di lavorazione, confermando che la casualità resta la più sfacciata delle qualità umane, unite alla perseveranza e alla caparbietà. Facciamo ordine con le date: siamo alla fine del 2011, papà Roberto, tecnico agrario, è in cantina, non è particolarmente soddisfatto del mercato del kiwi, che regala ogni stagione più amarezze che soddisfazioni, così decide di provare a trasformare quelle spremute di succo in vino. Solo che gli esperimenti non dànno quel risultato sperato, la fermentazione è troppo acida e Roberto capisce che pochi frutti possono sostituire l’uva. I boccioni di quegli esperimenti però restano lì, accantonati, esito di un insuccesso, colmi di quel liquido ricavato dal kiwi verde. Finché, a distanza di settimane, Roberto per pura casualità si ricorda di quegli esperimenti finiti male, per puro caso assaggia quel liquido scuro, lo sente già all’olfatto che c’è una pista da seguire, chiama subito un suo caro amico chimico, Gianni Noto, che gli conferma con le analisi le prime impressioni: quello è aceto di kiwi. E aceto di alta qualità. Ed è qui che entrano in gioco Federica, la primogenita, esperienze professionali da puericultrice, ed Enrico, un passato da calciatore: “ragazzi, se ci siete voi al mio fianco, quest’avventura si può percorrere” sussurra Roberto, sostenuto dal suo amico chimico. E la visione, a quel punto, diventa familiare.
“Io e mio fratello Enrico ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: abbiamo tutto questo, innoviamolo, trasformiamolo, rendiamolo sogno” racconta Federica mentre con lo sguardo abbraccia i tendoni di kiwi orfani dei loro frutti. Così, Enrico, complice un incidente sul terreno di gioco, vira su altri obiettivi, consegue il diploma da perito chimico e comincia a trascorrere giorni sperimentando nel laboratorio ricavato nel capannone che sorge accanto alle distese di actinidia. “E non solo, noi siamo il classico esempio di economia circolare: quello che scartiamo nella nostra lavorazione per produrre la nostra gamma di aceti lo riversiamo nelle piantagioni, è il nostro biostimolante naturale per rigenerare le piante” specifica Enrico, che nel frattempo sta conseguendo anche la qualifica di Agri-Food Manager al BioCampus.
Ed è così che nasce questa splendida storia de L’Agro del Kiwi, una start up innovativa, che ha suscitato l’interesse di diverse università italiane per l’innovazione, la trasformazione e la qualità dei prodotti realizzati, fino a sbarcare sul mercato a fine 2019. D’accordo, le qualità del kiwi le conosciamo un po’ tutti, confermando che è un autentico frutto della salute, per i grandi poteri antiossidanti che possiede, “ma va ricordato che la componente base dei nostri prodotti non è il kiwi, ma l’aceto di kiwi al cento per cento, è diverso, e questo permette alla nostra linea di entrare direttamente nella dieta mediterranea, perché il frutto è ricco di polifenoli e quindi di naturali proprietà antiossidanti, anticancerogene e antibatteriche” sorride ancora Federica. E così ecco nascere l’aceto 100% di kiwi n.2 e quello n.5, una differenza determinata dagli anni d’invecchiamento: il n.5 ha un gusto intenso, è affinato in botti di rovere ed è ideale per guarnire carni rosse, verdure, gelati e macedonie, mentre il n.2 è affinato in 2 anni in damigiane di vetro e si usa per il gusto semplice su qualsiasi piatto.
La produzione non si è concentrata soltanto sulla linea di aceti, ma anche sulla glassa (ottima su vellutate, pesce, carne e verdure) e sulle confetture, indicate per accompagnare i formaggi morbidi, verdure pastellate e dolci. Durante il periodo di isolamento dovuto all’emergenza sanitaria di Covid-19, la famiglia Ferrari non si è disperata, ha stretto altri accordi commerciali per lanciare i suoi prodotti e farli conoscere, così la pasticceria latinense Laboratorio 32 ha ricavato un pasticcino con cacao e mandorla oltre che di aceto di kiwi.
Ma se nella piena emergenza da Covid19 lo scrigno dei tesori de L’Agro del Kiwi era il ‘cioccolatino pontino’, un autentico concentrato da degustazione meditativa magari insieme a un rum agricolo, formato da 70% di cioccolato fondente e restante gelèe di aceto di kiwi, oggi il must è questa vinaigrette che nasce nel dolce e deciso fluire del match liquido tra aceto di kiwi e olio d’oliva, tra le aziende L’agro del kiwi e Quattrociocchi. E, poi, il panettone: soffice, morbido, dolce, un tuffo nell’altissima pasticceria tempestata da gemme preziose di kiwi. Da provare. L’unica controindicazione è che crea forte dipendenza per quanto è buono.