Ha esordito anche la Danimarca a Qatar 22. E come al solito la nazionale danese ha scritto un’altra favola mondiale: la seconda vita di Christian Eriksen.
Si sa, nel Paese delle favole è tutto ammesso. Anche nel calcio. Che è un mondo colmo di favole. Ieri ha disputato il primo match la Danimarca, non ha fatto una gran bella figura contro la Tunisia ma c’è anche a chi è andata peggio (vedi l’Argentina di Messi con l’Arabia Saudita). Come al solito la patria di Hans Christian Andersen ha rinverdito il numero di favole. Eh, del resto, da quelle parti di favole (calcistiche) se ne intendono. Ve la ricordate la Danimarca di Moeller Nielsen che vinse l’Europeo 1992? No? Be’, quella squadra non avrebbe dovuto partecipare al torneo ma l’Onu escluse la Yugoslavia per il conflitto bellico che la stava dilaniando, così la Danimarca fu ripescata a poche ore dal fischio d’inizio e il tecnico fu costretto a raccattare i giocatori già in vacanza con le famiglie per indurli a disputare il torneo. Ovviamente, senza preparazione altetica e tattica. Così, quella partecipazione cominciò con una scampagnata, continuò con passeggiate nei boschi e gite nei fast food piuttosto che nei campi per gli allenamenti. E, dopo un avvio comico, contro ogni pronostico piegò la Germania in finale grazie anche a una rete di Kim Vilfort, che alla fine di ogni match se ne volava a casa dalla figlioletta malata di leucemia. Una favola, ve lo avevo preannunciato. La favola si stava ripetendo lo scorso anno, a Euro 20, quando Christian Eriksen s’accascia sul campo e pare non riprendere più conoscenza, ma grazie al destino, a Odino o a chi ne fa le veci e all’affetto dei compagni ritorna in vita dopo 5 minuti di buio. I compagni sono sotto choc ma dopo cominciano a rivivere la favola e si fermano soltanto nella semifinale persa contro l’Inghilterra, poi sconfitta dall’Italia di Mancini. E ora? Qual è la favola? Sempre quella di Eriksen. Dato per spacciato, nella vita e come calciatore, scaricato dall’Inter dopo il collasso cardiaco, è tornato a giocare con un defibrillatore sottocutaneo, prima in un club così così, il Brentford, poi col Manchester United e a marzo ecco la convocazione in Nazionale. Due amichevoli, pure l’ebbrezza di una rete e ieri, dopo 528 giorni di incertezza, paure e frustrazione, ecco la partita mondiale, giocata per intero. Non sappiamo dove arriverà la Nazionale del tecnico Hjulmand ma sappiamo che in questo Mondiale scriverà un’altra pagina di favole. Bentornato Christian.