La stavamo aspettando la lezione di presunta moralità da parte di Gianni Infantino, numero uno della Fifa, a difesa di questi Mondiali di calcio.
La stavamo aspettando la lezione di presunta moralità da parte di Gianni Infantino, numero uno della Fifa, a difesa di questi Mondiali di calcio. Se il silenzio è d’oro e le parole di circostanza a volte salvano dall’imbarazzo di risposte e domande, ma all’ipocrisia non ci abitueremo mai tant’è che questa va contrastata con la forza delle idee.
All’apertura della conferenza stampa alla vigilia del calcio d’inizio, Infantino ha sottolineato che gli europei dovrebbero scusarsi per 3000 anni per quello che hanno compiuto in giro per il mondo (a parte che tremila anni fa gli europei stavano ancora nelle caverne e chi dominava il ‘mondo’ erano gli egizi e i mesopotamici). In questo modo, allora, è del tutto naturale tollerare le ingiustizie di cui siamo testimoni perché dovremmo espiare vitanaturaldurante quello commesso dai nostri antenati, nemmeno insegnando, memori e consapevoli dei nostri errori, cosa è giusto e sbagliato. Quindi, essendo noi italiani figli e figliastri di Badoglio che ha gettato iprite sui poveri etiopi dovremmo tollerare le profonde e odiose diseguaglianze che esistono in Qatar. Ma infatti l’errore è aver deciso di disputare la Coppa del Mondo in questo paese così allergico ai diritti umani, grazie a una serie di imbarazzi, sospetti di mazzette e ripensamenti che hanno origine a Parigi ai tempi dell’acquisizione del Psg da parte degli emiri qatarioti.
Strepita, il numero uno Fifa, che si sente gay, in nome di questo grande arcobaleno che circonda Doha. Solo che beatamente ignora che in Qatar è punibile col carcere chi dello stesso sesso si bacia, si stringe affettusamente la mano o ha comportamenti sospetti (da checca o da mascolillo, per essere chiari, perché all’ipocrisia di fondo si deve rispondere con concetti che sturano le trombe di Eustachio di chi si professa sordo). Ancora, il numero uno del calcio mondiale cita l’assenza di protesta da parte delle multinazionali occidentali sulla tutela dei diritti dei lavoratori impegnati a costruire a tempi di record gli stadi qatarioti. Colpo di genio! Certo, sono le multinazionali che si battono per i diritti umani. Certo. Sono proprio le multinazionali, quelle che hanno come unico credo il profitto. No, le critiche non provengono dall’opinione pubblica più varia, dai mass media, dalla gente comune, dalla folla che invade le strade come formiche. No. Infantino dimostra così di vivere scollato dalla realtà. Come se, a questo punto, ci fossero dei dubbi.
Infantino cade nella sua ridicola arringa negli stereotipi più stupidi, raccontando le sue sofferenze di immigrato italiano in Svizzera, discriminato e ghettizzato, quando invece la più grande vittoria di chi subisce questo genere di violenze è quella di prodigarsi per gli altri, affinché non subiscano quello che lui ha patito. Si chiama progresso, Infantì. Quello che non c’è in Qatar, dove si calpestano i diritti umani più elementari, quelli che appartengono al diritto naturale, che sono sopra a un diritto giuridico che qua fa acqua da tutte le parti. Segnatele ‘ste cose, la prossima volta che ti presenti in conferenza stampa.