Chi bada alla forma e chi alla sostanza. Il centrosinistra, evidentemente a corto di argomenti (e temi), polemizza soprattutto sull’uso degli articoli e dei pronomi, indicando in Giorgia Meloni una banalizzatrice. Poi, la precisazione della premier: “Chiamatemi come volete. Devo lavorare”.
Chi bada alla forma e chi alla sostanza. Il centrosinistra, evidentemente a corto di argomenti (e temi), polemizza soprattutto sull’uso degli articoli e dei pronomi, indicando in Giorgia Meloni un’usurpatrice de ‘il lo la gli le’ o una banalizzatrice de ‘gli voi le loro’, come era la cantilena alle scuole elementari per imparare il più velocemente possibile la forma (ma non la sostanza).
Così mentre si archivia una polemica puerile sollevata dal deputato Soumahoro, prima sullo sbaglio del suo nome e poi sul lapsus di un pronome che accorcia sempre le distanze di comunicazione, ecco che ne rimbalza un’altra. Ancora più inutile.
Piccolo passo indietro. L’altroieri mentre incassava la fiducia al suo governo (una questione banale, alla fine) la premier Meloni si è rivolta al deputato di Sinistra italiana e Verdi Aboubakar Soumahoro “al collega ‘Suamoro’ mi sento di dire, tutti ci sentiamo scolari della storia, sai, altrimenti saremmo ignoranti del presente, senza futuro”, sbagliando sia il cognome che permettendosi la liceità del tu. Dai banchi dell’opposizione è scattata la protesta, così la Meloni ha rintuzzato ogni polemica con “chiedo scusa, errore mio, chiedo scusa, succede di sbagliare, basta chiedere scusa quando accade”. Di seguito la stizzita replica del deputato Soumahoro: ‘Visto che la Presidente Meloni è anche Lei ‘scolara della Storia’ parafrasando Gramsci, si ricorderà che durante lo schiavismo e la colonizzazione i ‘neri’ non avevano diritto al ‘Lei’ che era riservato a ciò che veniva definito ‘civiltà superiore’. Ma forse quando un underdog incontra un under-underdog viene naturale dare del tu. In ogni caso, visto che mi ha dato del tu, anche contravvenendo alle regole istituzionali spero che questo possa essere prodromica ad un confronto personale sui temi che ci stanno reciprocamente a cuore”.
Insomma, niente confidenze in Parlamento, chi è dall’altra parte non tollera questa mancanza di rispetto. Sotto il profilo istituzionale la forma è fondamentale, ancor prima delle problematiche che attanagliano il Paese e il mondo. Ma scherziamo?!
E così oggi mentre sulla stadera degli impegni ci sono l’innalzamento del limite del contante, l’impegno di sostenere l’Ucraina, il dibattito sul caro energia, ecco che l’opposizione si concentra sulla declinazione al maschile e non al femminile che precede il sostantivo ‘presidente’. Chiamatemi ‘Signor presidente del Consiglio’. No, meglio senza ‘Signor’, purché ci sia ‘il’. Anzi, chiamatemi come volete, anche semplicemente Giorgia. Evidentemente, la Meloni non ce la fa più a dedicare energie per temi sciocchi rispetto alle reali criticità da affrontare.
Ma cos’era successo? Il dibattito politico si era acceso e rimbalzato sui social quando si era diffusa la notizia di una circolare interna, firmata dal segretario generale della presidenza del Consiglio e inviata a tutti i ministri del nuovo governo di centrodestra per invitarli a usare l’appellativo ‘il Signor presidente del Consiglio’. Nel testo si legge: ”Per opportuna informazione si comunica che l’appellativo da utilizzare per il Presidente del Consiglio dei Ministri è: ‘Il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni”.
Insomma, un centrosinistra sempre storicamente e tradizionalmente vicino al popolo, esige e pretende la correttezza stucchevole di ogni forma, contravvenendo alla stessa forma, ma mai badando (ahiloro e ahinoi) alla sostanza: perchè se Giorgia Meloni è sì premier ma donna allora si dovrà chiamare la presidenta, così come arderebbe di gioia Laura Boldrini.
In serata, per porre fine alle polemiche considerate eccessive e fuori luogo rispetto alle urgenze del Paese, arriva una doppia precisazione: prima quella di palazzo Chigi con una nota ufficiale (”Usate la formula ‘Il presidente del Consiglio”, senza ”signor”), poi quella per bocca della stessa premier con un post sui social poco dopo le 20: ”Leggo che il principale tema di discussione di oggi sarebbe su circolari burocratiche interne, più o meno sbagliate, attorno al grande tema di come definire la prima donna Presidente del Consiglio. Fate pure. Io mi sto occupando di bollette, tasse, lavoro, certezza della pena, manovra di bilancio. Per come la vedo io, potete chiamarmi come credete, anche Giorgia”. Consentitemelo, una comunicazione per straordinaria incisività da bar e da desco familiare, mancava poco che nel post ci fosse su scritto ‘chiamatemi come c…xx…o volete, io, noi, in questo momento stiamo lavorando. Chi ha voglia di giocare vada più in là’.
Eh, accorciando le distanze di comunicazione. Eh, e poi nel centrosinistra ancora non si spiegano come abbiano potuto perdere le elezioni mentre le abbia potute vincere Fratelli d’Italia. Tutto per una questione di pronomi, declinazioni e di forma.