Testi osceni e messaggi senza profondità: se quella di Tonj Effe è arte siamo messi male. E la solidarietà dei cantanti è sinonimo di una mancanza di sensibilità verso chi si sente offeso da frasi che inneggiano alla violenza e sopraffazione.
Sotto l’albero scoppia la feroce polemica tra il Comune di Roma e il cantante trapper Tony Effe, perché il sindaco Gualtieri accoglie le richieste di alcune attiviste del Pd e lo epura dal concertone di Capodanno dopo averlo scritturato. Il cantante incassa la solidarietà immediata di colleghi, come Emma e Mahmood, che decidono di disertare il concerto al Circo Massimo voluto dall’amministrazione capitolina. E dietro arriva tutta la carovana di cantanti, da Vasco Rossi a Elodie passando per Ariete e pure per Jacobs. Sì, avete letto bene, il velocista azzurro. Insomma, sbraitano dai propri social che l’arte non si censura, che l’arte e il dissenso sono una critica alla società, al perbenismo, bla bla bla. Solo che qua c’è un marchiano errore di fondo. Cioè, dove sta l’arte? Avete letto bene. Ma quella di Tony Effe è arte? Non è perché un cantante blateri, strimpelli, ugoli lo sia per definizione, soprattutto se usa parole storpie e un linguaggio che trasmette solo oscenità. Ma che fine ha fatto, cari artisti solidali in nome delle case discografiche, il vostro stigma verso parole e testi contro l’incitazione alla violenza e alla sopraffazione, dove sono quei messaggi sociali che dite di voler veicolare quando in realtà quello che vi preme è invece soltanto, ipocritamente, il tornaconto personale? Però, prima di dibattere sul tema che ho fatto? Sono andato su Youtube e ho scovato i video di Tony Effe, li ho visti, li ho ascoltati, una e più volte, ho scandito i testi e immagino di aver individuato un artista (vive di arte, alle fine) che non possiede un briciolo di arte a solo il coraggio di essere se stesso, non certo un dannato ribelle come lo additano certi giovani ma soltanto un borioso narcisista che non canta il disagio sociale delle periferie -e nemmeno il profondo malessere interiore espresso a tinte forti molti anni fa dal tormentone ‘Vaffanculo’ di Marco Masini- ma la coattaggine del giovanotto arrogante che brama soldi, potere, donne, armi, droga a go go, insomma il massimo della profondità di una fogna sentimentale. Qualcuno dirà: ah, ma come ti esprimi! eh, perché lui, come si esprime? ma come, richiamate la libertà di ciarlare e io ora non posso dissentire su un trapper che il mondo musicale ha abbracciato con una benevolenza straordinaria? E sì, perché di questo si tratta: tutti i cantanti hanno fatto la fila per accodarsi al concetto di solidarietà per l’artista. Solo che l’arte qua, ripetiamo, non è di casa. E l’errore di fondo è che dietro il concetto di libertà allora ci si può esprimere in ogni modo, dicendo il cazzo che si vuole. Ma non funziona così. Esistono dei limiti, anche nel manifestare il proprio pensiero oltre che esprimere la propria arte. Certo, Tonj Effe può cantare quello che vuole, può manifestare la sua arte (aridaje) come vuole, ma c’è anche la libertà di altri di non ascoltarlo e finanche di contraddirlo. Magari con le buone maniere. Spiegategli a Tonj Effe, ma soprattutto a tutta la carovana di parolieri e musicisti che hanno solidarizzato, che le offese sono tali perché colpiscono le fragilità di qualcuno che possiede sensibilità. Quella che a loro, evidentemente, manca.
(Gian Luca Campagna)