A Pontinia un post social offensivo diretto a Liliana Segre scatena la condanna del sindaco e di alcuni cittadini. L’autore non ci sta e chiede un risarcimento danni per i like sotto il post del primo cittadino.
Al grottesco non c’è mai fine. Ed è il bello della libertà. Anche di manifestare il proprio pensiero. Però il buon gusto, la sensibilità, l’intelligenza e, in alcuni casi, la professionalità, non dovrebbero mancare. Perché poi quando si varcano certi confini la realtà supera la fantasia. Senza possibilità di ritorno.
Tutto accade il 27 gennaio 2022 quando nel Giorno della Memoria sulla pagina Facebook del Comune di Pontinia (Latina) appare il post “La Segre per Auschwitz è diventata Senatore a vita, altrimenti aivoglia a lavare piatti”, firmato l’Associazione Liberi e Forti. Un commento piccato da parte degli attivisti dell’associazione nei confronti di Liliana Segre, oggi senatrice a vita ieri nei campi di sterminio di Auschwitz per la sua identità di ebrea. Il post viene rimosso ma, si sa, Dio perdona ma Facebook no: così, qualcuno ha fatto lo screenshot della prodezza verbale e fa girare tramite diversi canali social tall pensiero. Così il sindaco di Pontinia, Eligio Tombolillo, persona assai misurata, confeziona un post di condanna definendolo un’offesa “vergognosa”, tant’è che scrive “gli insulti alla Segre offendono tutti allo stesso modo manifestando ignoranza, disumanità e vigliaccheria”. Scontati e spontanei i like sul commento del primo cittadino. Tutto finito? Nemmeno per idea.
Perché l’autore del commento diretto a Liliana Segre non ci sta, non c’ha dormito per giorni, settimane, mesi, così non gli resta che adire a vie legali per riprendere la dignità perduta, dato che secondo l’atto di citazione l’uomo asserisce di aver subito gravi danni alla sua reputazione per via di quei like che hanno alimentato una campagna diffamatoria nei suoi confronti. Così, si reca da due avvocati e chiede un risarcimento pari a 30mila euro contro chi ha sostenuto il post del sindaco Tombolillo.
E questa è la mera cronaca.
Ora un paio di considerazioni. L’autore del post ha espresso una sua opinione, la forma lascia ampiamente a desiderare sebbene il contenuto sia da ascriversi alla maturazione (parola forte, lo so) del suo pensiero, quindi va rispettato sebbene risulti facile confutarlo. Da qui le conseguenze: se lanci un pensiero personale che stride contro l’opinione dominante –che in questo caso implicitamente tutela diritti universali e condanna azioni folli e tragiche come quelle perpetrate dai nazisti agli ebrei- offendendo il tuo bersaglio cosa ti aspetti nelle reazioni? Ti lamenti perché la gente solidarizza col sindaco che condanna un post? Da una parte pretendi di essere giustamente libero di esprimere un pensiero forte ma dall’altra non tolleri se vieni condannato verbalmente da chi non è d’accordo con te? Qui siamo al cortocircuito del pensiero. E i due avvocati? Va benissimo in nome del diritto la difesa di Caino, ma partire all’attacco su una richiesta di risarcimento danni per una questione del genere somiglia più a un diritto alla follia narrativa degna di finire in un romanzo piuttosto che in una seria aula di un tribunale. Macondo, alla fine, non è poi così lontana.