Nasce un laboratorio artigianale che valorizza le pelli del bufalo, animale totemico delle Paludi Pontine, che ha una pelle vissuta e piegata dalla vita, ma che esalta anche le cicatrici indelebili che le donne portano dentro di sé dopo aver subito violenza.
Galeotta fu la bufala. No, non è una fake news ma una storia vera, autentica e genuina. Creata da donne che credono in se stesse, nel futuro, nel riscatto e nella resilienza. Quella di La.b è una storia di donne, che parte dalle risorse del territorio in cui operano, agiscono col materiale che hanno a disposizione, soprattutto quello di scarto, come ci insegna una società matriarcale, che non sciupa nulla, fa tesoro delle stagioni che passano e che tramanda al futuro i suoi messaggi di speranza e rinascita. Bando alla retorica, la storia del laboratorio La bufala (La.b alla fine sta un po’ per l’officina delle idee in cui queste donne creative e coraggiose e un po’ per i prodotti che conciano nati dall’animale simbolo delle Paludi Pontine) appartiene a uno di quegli storytelling di cui è ricca la narrativa sulla storia delle aziende, solo che stavolta è tutto vero, non poco è lo spazio riservato alla fantasia ma molto di più al sentimento.
Il destino vuole che tre anni fa Mara De Longis, designer e progettista di gioielli allo Ied di Roma, cioè l’Istituto europeo di design, si incontra alla tradizionale festa della bufala a Pontinia con la creativa Marianna Frattarelli, e nasce l’idea di valorizzare la pelle di quest’animale nobile ma umile, figura totemica del sacrificio e della tenacia dalle Paludi Pontine all’Agro Pontino in un’evoluzione che ha portato durante la bonifica idraulica al sorgere delle cosiddette città nuove. Ed è proprio la determinazione a muovere le due donne, che scelgono la pelle del bufalo per una serie di motivi, dal fatto che è lo scarto per antonomasia durante la macellazione delle bestie e la lavorazione della carne e poi “perché i bufali quando vengono portati al mattatoio sono in età molto avanzata e la loro pelle risulta piegata, vissuta, colma di cicatrici, quelle cicatrici che noi vogliamo valorizzare” raccontano Mara e Marianna, che hanno avuto il suo bel daffare quando nelle fiere di settore viene corretta dagli altri stylist sulla loro idea iniziale, che va controcorrente a lavorare e levigare la pelle dell’animale, perché altrimenti negli accessori di moda come borse o cinture potrebbe apparire difettosa. “E a noi invece quelle falle sono il punto di equilibrio e di forza dei prodotti, perché rappresentano le ferite indelebili che portano dentro e fuori le donne che hanno subito violenza e che sono al centro del nostro progetto” dicono insieme a Francesca Innocenti, presidente del Centro Donna Lilith. Già, come avrete capito questo non è soltanto un progetto di economia circolare che celebra uno degli animali simbolo di questi luoghi ma è anche un progetto nobile per tentare di reinserire le donne nel mondo occupazionale, quelle donne che hanno vissuto momenti drammatici e che sono state schiaffeggiate dalla vita e da un compagno che ha stravolto il concetto di amore e rispetto. E qui ecco che, appunto, entra nel progetto il Centro Donna Lilith e Patrizia Ciccarelli, donna di rara sensibilità e grande capacità, che dopo essersi spesa per la tutela delle donne che hanno subito violenza è diventata assessore ai servizi sociali del Comune di Latina. Così parte forte l’idea di sostenere sì le donne che hanno subito violenze attraverso una rete di sostegno psicologico individuale ma poi di trasformarlo in un cammino di gruppo, perché credere ancora nella solidarietà, in un nuovo domani e negli uomini è una sfida quotidiana, prendendo ancora una volta come punto di riferimento il bufalo, animale socievole che cade in depressione quando è confinato in se stesso. “Non è un caso che proprio grazie a mie precedenti esperienze formative col Centro Donna Lilith ho voluto che all’interno del progetto ci fossero anche figure maschili, come Salvatore, docente di pelletteria allo Ied” continua Mara. E così sia Mara che Marianna con Patrizia Ciccarelli cominciano a tessere la trama di questo progetto dandogli spessore e corpo, intercettando il bando Ilma (acronimo che sta per un significativo ‘Io lavoro per la mia autonomia’), finanziato dal Dipartimento delle Pari Opportunità e presentato dal Comune di Latina in partnerariato con il Centro Donna Lilith, cominciando un’avventura che parte dalle origini del territorio, che valorizza in modo assoluto una pelle resistente e piegata dalla vita in accessori moda e complementi d’arredo, trasformati dalle mani di donne cha hanno nel cuore cicatrici indelebili e sentimenti duraturi.