Lo spreco alimentare è il fenomeno della perdita di cibo ancora commestibile che si ha lungo tutta la catena di produzione e di consumo del cibo. Un fenomeno che va contrastato, attenendosi a delle regole basilari nella gestione del cibo.
Lo spreco alimentare è il fenomeno della perdita di cibo ancora commestibile che si ha lungo tutta la catena di produzione e di consumo del cibo. Un fenomeno che va contrastato, attenendosi a delle regole basilari nella gestione del cibo, dove per rispettare noi stessi e il pianeta possiamo contribuire a migliorarci con piccole azioni quotidiane e a migliorare l’ambiente in cui viviamo. Una piccola grande rivoluzione quotidiane in cui tutti siamo protagonisti.
Si stima che, ogni anno, un terzo di tutto il cibo prodotto per il consumo dell’uomo vada sprecato. Soprattutto nei paesi ricchi, una grande parte di cibo ancora buono viene sprecato direttamente dai consumatori per diversi motivi, mentre una parte cospicua del cibo si spreca durante le fasi di produzione degli alimenti (dalla produzione agricola alla lavorazione, alla vendita fino alla conservazione del cibo).
I DANNI DELLO SPRECO ALIMENTARE
Nei paesi in via di sviluppo lo spreco alimentare domestico è quasi nullo, mentre il cibo viene sprecato durante le fasi intermedie di produzione o per problemi di conservazione, infatti essi sono responsabili del 44% dello spreco alimentare mondiale, col 40% dello spreco in queste aree si concentra durante la raccolta e la lavorazione dei prodotti. Secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) in media una persona che vive in Europa o in America del Nord spreca cibo attorno ai 95–115 kg all’anno, mentre nell’Africa subsahariana attorno ai 6–11 kg all’anno.
Dati che non si fermano allo spreco degli alimenti ma che coinvolgono anche uno spreco energetico necessario per produrre quel cibo poi inutile. Infatti, le perdite di cibo e lo spreco alimentare rappresentano un enorme spreco di risorse usate per la produzione come l’energia, l’acqua e la terra, altresì spreco di fonti fossili, impiegate per coltivare, spostare, processare il cibo, insieme al metano prodotto dalla digestione anaerobica che si ha quando i rifiuti alimentari vengono buttati in discarica.
Queste emissioni contribuiscono in maniera cruciale al cambiamento climatico. In quanto ad emissioni di anidride carbonica, che la FAO stima essere circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, si calcola che se lo spreco alimentare fosse uno stato, dopo Stati Uniti e Cina, sarebbe al terzo posto tra i paesi che ne emettono di più. Oltre che per le emissioni, lo spreco di cibo è responsabile di una deforestazione sempre maggiore, che porta a una grossa e inutile perdita in termini di biodiversità.
Esistono numerose possibilità di riduzione dello spreco alimentare, soluzioni e miglioramenti di tutta la catena di produzione e consumo del cibo. Dall’investire nelle infrastrutture per la conservazione post raccolta, all’aumentare la coscienza dei consumatori con apposite campagne di sensibilizzazione. Infatti, il cibo che sta per essere sprecato può essere convogliato ad associazioni di carità per una equa redistribuzione; se non buono può essere utilizzato come nutrimento per il bestiame, sostituendo i mangimi per gli animali.