Questo Latina non è poi così brutto come la notte di Halloween, ma c’è davvero tanto da lavorare per Boscaglia dopo la prima al Francioni. Solo che il battesimo nello stadio amico (si fa per dire, già tre sberle di fila dei nerazzurri in casa e nessuna vittoria) è coinciso con la sconfitta e con la contestazione esplosa inevitabile al fischio finale. In verità, il pari sarebbe stato il verdetto più salomonico perché il Monopoli ha sì condotto la gara con l’autorità di chi ha una classifica migliore (e i pugliesi infatti sono terzi), ha legittimato la supremazia territoriale con una rete ma poi ha subito il ritorno immediato del Latina, che solo una volta in svantaggio ha capito che lo scopo del calcio è superare la propria metà campo, imbastire delle azioni offensive con tre passaggi di fila e magari buttarla anche dentro. Concetti che fino alla rete di Bulevardi alla mezzora non erano affatto nel codice genetico di una squadra fino a quel momento più attenta a mantenere le posizioni che a offendere, prigioniera di evidenti limiti tecnici di alcuni suoi elementi. La riscossa l’hanno suonata il capitano coraggioso Di Livio, moto perpetuo tra le zolle centrali e la corsia destra, e Ndoj, di una tecnica superiore ma spesso lento come una pratica comunale. Inutile rimarcare che il Latina senza un centravanti di nome vero non può ambire a finalizzare il gioco, perché contro il Monopoli è mancato sì l’ultimo passaggio ma anche un centroboa capace di fare salire la squadra e magari tentare anche l’avventura del tiro in porta. Ecco, gli attaccanti. Oltre ad aver inviato l’identikit di Improta e Martignago per il programma ‘Chi l’ha visto?’, Mastroianni, che dalla panchina sembrava dovesse spaccare il mondo, una volta entrato è parso più abile a nascondersi tra le maglie avversarie che a fare da sponda, oltre ad avere il vizio di andare in elevazione prima ancora che la palla potesse arrivargli. Fare gol, così, diventa pressoché impossibile. Certo, si dirà, se gli attaccanti non vengono serviti difficilmente potranno liberarsi e caricare la gamba per il tiro risolutore. Haivoglia Di Livio a moltiplicare gli sforzi fino a divenire tuttocampista, con un generosissimo Berman, che spesso si stacca dalla cintola difensiva e prova anche a imbastire. E allora, ammettiamo anche che questo Latina nella seconda frazione, nella parte del forcing finale, è stato capace di incartarsi da solo, con una serie di passaggi infiniti nella metà campo avversaria che hanno irritato non poco il pubblico, con qualche giocatore visibilmente fuori giro come Petermann, un estraneo in campo, e Ndoj, salito in cattedra in nome della leziosità, contrariando anche Boscaglia che a un certo punto avrebbe voglia di sedersi in panchina e gettare la spugna. Ecco, Boscaglia. Un nome che nessuno si aspettava per la panca nerazzurra, perché il Ferguson di Trapani è un lusso per la serie C, ma per lunghi tratti del match il tecnico di Gela si sarà anche chiesto chi glielo ha fatto fare ad accettare l’ennesima scommessa della sua carriera per tentare di risalire di categoria. Insomma, tifare Latina è davvero un atto di fede.
(Gian Luca Campagna)