Di solito chi fa il portiere ha un destino già scritto. O perché sei un predestinato e quindi sei il matto della squadra oppure sei quello che è più scarso degli altri coi piedi e per non umiliarti -e di conseguenza escluderti- ti schiaffano tra i pali. Non crediamo che fosse quest’ultimo il destino segnato per tre portieri collegati tra di loro di cui parleremo. Quando assisti ai Mondiali di calcio è come se ti trovassi in un ristò ai confini di Macondo, con storie impossibili ma vere che ti cascano addosso. Altro che realismo magico ai Mondiali, qui la realtà surclassa anche la fantasia più sfrenata di uno scrittore ubriaco di alcol, alcaloidi e di vita. Ma veniamo alle storie da numero uno. Niente solitudine stavolta, ma parabole da autentici fuoriclasse dell’esistenza, come quella di Milan Borjan che dal nome immaginerete giochi con una nazionale di etnia slava essendo nato a Tenin nel 1987, in Croazia. Sbagliato. Durante Croazia-Canada lo avete trovato tra i pali dei canadesi, ripetutamente insultato dai tifosi croati, così lui per tutta risposta ha lanciato le tre dita come segno di sfida. Eh, ma andiamo con ordine (se ci riusciamo): strana storia quella di Milan, che con la famiglia si trasferisce in Canada a 13 anni, poi ritorna ed è un perno della Stella Rossa, l’odiata squadra serba (da parte dei croati, che tifano Zagabria. Vi ricordate Dinamo Zaganria-Stella Rossa del maggio 1990, la partita mai giocata dell’allora campionato yugoslavo da cui scaturì il conflitto balcanico?). Milan approda a Belgrado dopo però aver giocato e girovagato ovviamente in Canada, in Uruguay, in Argentina, poi nel 2011 si prende la cittadinanza canadese prima di arrivare nella capitale serba (ma anche Turchia, Polonia e Romania. Milan è un globetrotter che non si fa mancare nulla, questo tanto lo avevate già capito), dove nella stagione dell’esordio si permette il lusso di calciare il rigore che regala lo scudetto alla sua squadra. Ah, le tre dita. Vecchia storia, datata quanto il MedioEvo: il saluto con pollice, indice e medio alzati e le altre dita piegate è segno di vittoria o meglio di identità religiosa, cristiana, una sorta di Dio, patria e famiglia. Vabbè, non scadiamo nella rissa verbale per la genesi di quel gesto che proprio di vittoria non fu, ma continuiamo con le storie da numeri uno, poiché gli incroci diventano letterari quando si gioca nello stesso girone del Mondiale qatariota anche Canada-Marocco. E infatti in prima pagina ci finisce l’eroe della giornata di ieri, il portierone marocchino Yassin Bounou, che proprio gli spagnoli sin dagli esordi in Liga lo hanno ribattezzato Bono, non certo in onore degli U2 ma in maniera sbrigativa. Comunque Bounou è nato nel 1991 a Montréal, che anche le bestie più ignoranti sanno non essere in Marocco ma in Canada: i genitori si trasferiscono lì, lui ha doppia cittadinanza, coltiva la passione per il calcio fino a esordire col Casablanca per poi cominciare a cercare fortuna in Spagna, dove viene idolatrato a Siviglia e dove conquista una Europa League.
Ah, tanto per rimanere in tema sugli ottavi di ieri, con l’ultima gara in programma, cioè Portogallo-Svizzera: Diogo Costa, il portiere dei lusitani classe 1999, è nato da genitori portoghesi a Rothrist, a un tiro di schioppo dalla Germania, così ha anche la cittadinanza elvetica…