Nel femminicidio lo stalking non sarà più un’aggravante. Lo ha deciso la Cassazione in seguito a un ricorso presentato dall’avvocato Pasquale Cardillo Cupo. La sentenza ieri sera.
La sua genesi era del 2009, ora però attenzione qualcosa nel reato di stalking cambierà per quanto attiene al femminiicido.
Infatti le Sezioni Unite della Cassazione, a scioglimento del contrasto giurisprudenziale sul tema, hanno ieri sera enunciato il principio di diritto in base al quale il delitto di stalking non può essere contestato laddove sia già stata applicata, in caso di omicidio, l’aggravante specifica degli atti persecutori. La questione era stata sollevata già nei scorsi mesi innanzi alla V Sezione della Corte di Cassazione, la quale in accoglimento dei motivi di ricorso formulati dall’avvocato Pasquale Cardillo Cupo aveva rimesso la questione innanzi alle Sezioni Unite, condividendo le perplessità del difensore che riteneva il reato di stalking assorbito nella contestata aggravante.
Come sappiamo il reato di stalking si configura in condotte persecutorie ripetute che incidono sulle abitudini di vita della vittima o generano un grave stato di ansia o di paura; il reato di stalking (dall’inglese to stalk, letteralmente “fare la posta”) è entrato a far parte dell’ordinamento penale italiano mediante il decreto legislativo 11/2009 (convertito dalla l. n. 38/2009) che ha introdotto all’art. 612-bis c.p., il reato di “atti persecutori”, che punisce chiunque “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Nella sezione dei delitti contro la libertà morale, con tale nuova fattispecie di reato, il legislatore, prendendo atto delle richieste formulate a gran voce in tal senso da più parti, ha cercato di dare una risposta sanzionatoria appropriata alle condotte che fino al 2009 venivano inquadrate in altri meno gravi delitti (di minaccia, violenza privata, ecc.); fattispecie che si erano dimostrate spesso inidonee a garantire una tutela adeguata alle vittime a fronte di condotte illecite caratterizzate da maggiore gravità, sia per la reiterazione delle stesse, sia per i loro effetti negativi sulla sfera privata e familiare delle persone offese.
Così ieri sera invece davanti alle Sezioni Unite il Procuratore Generale presso la Suprema Corte chiedeva di rigettare il ricorso poiché andava affermato il principio della piena compatibilità tra le due ipotesi, atteso che era stato il Legislatore a volere un trattamento sanzionatorio più duro per l’autore del reato di stalking. Gli avvocati Cardillo Cupo, Aricò e Cincioni hanno invece insistito affinché a prevalere fosse la tesi dell’assorbimento, anche per evitare un trattamento sanzionatorio che sarebbe divenuto contrastante con i principi costituzionali in termini di pena e di proporzionalità, anche rispetto ad altre figure delittuose. Nella tarda serata di ieri il pronunciamento delle Sezioni Unite che hanno così enunciato il principio di diritto.