L’incanto delle faggete di Monte Raschio e Oriolo e la polla della Caldara di Manziana costituiscono un parco unico, anche per la presenza di betulle bianche. Escursioni facili immersi in una natura incontaminata.
Istituito nel 1999, il Parco Naturale Regionale di Bracciano e Martignano si estende su un territorio di circa 202 kmq in una sorta di cerniera naturale fra le province di Roma e Viterbo, in un’area protetta dove ricadono il lago di Bracciano e il lago di Martignano, con siti di straordinario interesse naturalistico.
Una passeggiata tra questi monumenti naturali vi porterà a scoprire tesori inestimabili a cielo aperto. Come ad esempio le faggete di Monte Raschio e Oriolo, che occupano i crinali dei monti Sabatini nel settore nord-occidentale dell’area protetta, nei comuni di Bassano Romano e Oriolo Romano. È un’autentica foresta di spettacolari faggi di alto fusto che occupa una superficie di 712 ettari: in questi luoghi grazie alle piogge abbondanti e alle favorevoli condizioni del suolo, le faggete riescono a crescere fino ai 350 metri, tanto che per questa caratteristica le faggete vengono definite “depresse”, intendendo che la quota alla quale la pianta vegeta si trova nettamente al di sotto di quella normalmente occupata.
C’è una porzione di quest’area che si fregia del titolo di sito UNESCO, Patrimonio Mondiale Naturale dell’Umanità: è una foresta di faggio con una estensione di 73,73 ettari che ha la peculiarità di crescere tra i 450 e i 552 metri sopra il livello del mare del monte Raschio, che sono quote molto inferiori rispetto alle faggete degli Appennini che crescono oltre i 900 metri. La faggeta è uno dei cinque siti italiani iscritti come patrimonio naturale nella lista del Patrimonio Mondiale che, nonostante la vicinanza agli insediamenti abitati, conserva una natura incontaminata, con la presenza di alberi con 500 anni.
Poi, c’è il monumento naturale della Caldara di Manziana, che si estende per 90 ettari, situato alle propaggini del vulcano Sabatino. Nella parte centrale della Caldara è viva una polla da cui fuoriescono acque sulfuree che raggiungono la temperatura di 27 gradi. Lungo il fosso della Caldara si estendono boschi di ontano nero, cerro, farnetto, roverella, acero minore, olmo campestre, carpino nero e addirittura si conta la presenza insolita di un bosco di betulla bianca che cresce nella tundra delle regioni subpolari.
La zona centrale della caldara è occupata da una palude, nella quale l’acqua gorgoglia in varie polle a seguito di emissioni gassose, il cui componente principale è l’anidride carbonica. La palude è stata generata dal progressivo depositarsi sul fondo della conca di minerali argillosi, che formano uno spesso strato di colore tra il bianco e il giallo e che, essendo impermeabili, trattengono l’acqua piovana e quella proveniente dai ruscelli circostanti. Il fenomeno delle polle gorgoglianti è un classico esempio di vulcanismo secondario, associato a risalita di convogli gassosi verso la superficie e interazione con acqua superficiale. Nel caso specifico di Manziana, questi convogli gassosi generalmente risalgono da profondità di migliaia di metri (2.000 metri), sono costituiti per il 98-99 % di anidride carbonica e per il restante da acido solfidrico e metano.
La vegetazione della Caldara è principalmente costituita da macchia mediterranea e da querceti decidui. Tuttavia nella parte più esterna del bordo del cratere, su un terreno argilloso, è presente un boschetto di betulle bianche (Betula pendula): la presenza di questa specie, tipica dei territori nordici con clima freddo, risulta assai particolare a soli 250 metri di altitudine. Sull’origine di questo boschetto ci sono almeno due ipotesi: le condizioni locali della caldara con il suo acquitrino hanno creato un micro-clima favorevole alla sopravvivenza della betulla, residuo di un periodo post-glaciazione; oppure il boschetto è di origine artificiale, piantato nella zona nei secoli scorsi e sopravvissuto grazie alle condizioni climatiche locali.
Ma c’è un altro fenomeno dovuto alla caldara, che, con la sua conformazione, costituisce un ambiente ideale per la formazione della torba: la conca centrale tende a raccogliere l’acqua piovana, trattenuta a causa dei fanghi impermeabili che si trovano sul fondo. In questo ambiente, la vegetazione che cresce sul terreno (tipicamente Graminacee e Cyperaceae) progressivamente si decompone accumulandosi sul terreno, mentre sopra ne cresce di nuova. Il basso spessore dell’acqua e un ambiente privo di ossigeno inibiscono i batteri e favoriscono dei processi chimici che provocano un progressivo arricchimento di carbonio nel materiale vegetale sepolto, dando così origine alla torba.
Non solo, la presenza di piccoli laghi e distese di pascoli aiuta anche una fauna particolarmente viva, essendo infatti una zona umida vi sono una grande quantità di uccelli acquatici che vengono a svernare. Tra di passaggio e quelli che nidificano troviamo il fistione turco, una rara anatra tuffatrice orientale, presente soprattutto nel lago di Martignano, poi la moretta tabaccata e la strolaga mezzana. Tra i mammiferi si registra la forte presenza della lepre ma anche del daino, del muflone e soprattutto del cinghiale, prede del lupo, spesso avvistato.
Sul sito del parco sono indicati alcuni sentieri, molti dei quali percorribili in bici. Per chi ama il trekking ed è alla ricerca di un’escursione facile può optare per il bosco di San Celso, formato da un anello semplice di 2 km. Il sentiero si trova a pochi passi dal lago di Bracciano e vi si accede dal lungolago, Via Circumlacuale. La bellezza del sentiero è, appunto, la piantata di cerri che, seppur di origine artificiale, è un bosco molto fitto e ombroso, attrezzato sia per i pic-nic che per l’attività di fitness.
Consigliato è anche il percorso che collega il Bosco di Macchia Grande di Manziana con il Monumento Naturale della Caldara di Manziana. Non è difficile, soprattutto grazie alla costante presenza di tabelle che segnano il percorso. Poi, c’è quello del lago di Martignano: il percorso parte da Monte Chiodo, si attraversa una pineta fino ad arrivare in un sottobosco con sentiero stretto e scosceso, che congiunge alla bocca dell’Acquedotto Alsietino e poi alla spiaggia di Martignano facendo un percorso ad anello fino al punto di partenza.