Una storia tutta italiana: un’azienda che investe in una fonte d’energia alternativa, il biometano ricavato da Forsu, e un comune, quello di Cisterna, che prende tempo per chiedere alla Regione di non rilasciare autorizzazioni.
La storia tra il Comune di Cisterna e l’azienda Rifuture è l’ennesima testimonianza di una storia tutta italiana. Da una parte chi fa impresa, dall’altra chi tenta di approcciarla. Da una parte il privato, dall’altra il pubblico. Dove ognuno cerca di perseguire un obiettivo, chi a breve e medio termine, chi invece ha una programmazione di 5 anni. In Italia funziona così: privato e pubblico difficilmente vanno a braccetto e d’accordo, se poi il tema è ambientale, e quindi è coinvolto un imprenditore che ha deciso di investire su quella che oggi viene pomposamente chiamata transizione ecologica le beghe da carte bollate sono all’ordine del giorno. Soprattutto se il Comune in questione mette avanti nobili iniziative che però non hanno mai avuto nel tempo una grande valorizzazione.
Ma proviamo a fare ordine su questa storia provinciale tanto italiana. Sul sito industriale di Cisterna l’azienda Rifuture decide di investire e realizzare un impianto pronto a produrre compost e biometano da Forsu (frazione organica da rifiuti solidi urbani) ma la nuova amministrazione che si insedia a ottobre non è d’accordo. Così comincia la classica pantomima di lettere inviate agli enti sovracomunali, cioè solo la Regione, ente competente in materia, che si vede ricevere la richiesta da parte dell’amministrazione comunale di ‘impedire’ di fatto il necessario corso autorizzativo per l’azienda. In particolare, la giunta di Cisterna chiede la revoca dell’Aia, ma mentre la Regione è alle prese con i vari commissariamenti in tema ambientale per le continue emergenze sui rifiuti (la provincia di Latina e la Valle del Sacco) e quindi nicchia ecco intervenire l’avvocato del gruppo Rifuture. Il Comune di Cisterna a sua volta replica, e siamo arrivati a una settimana fa, stavolta obiettando che l’area cui dovrebbe sorgere il sito industriale è su una zona di grande pregio turistico, vale a dire Tres Tabernae e la Via Appia. Nobile, però i progetti delle amministrazioni che si sono succedute a Cisterna hanno su questo tema decisamente deluso e mai investito,altro che valorizzaizone del turismo a Cisterna di Latina. Infatti, il sindaco Mantini addirittura nella lettera inviata alla Regione per contestare il nuovo impianto fa riferimento a protocolli d’intesa datati (e impolvertai) 2001 e 2009, adducendo come motivazione “seppure insistente all’interno del consorzio industriale, fa parte di un’area più vasta, oggetto di particolare interesse pubblico, a seguito dell’individuazione da parte della Soprintendenza dell’antichissimo sito di Tres Tabernae, Appia Antica, come cardo della città, necropoli di Tres Tabernae. L’impianto dovrebbe sorgere in prossimità del sito archeologico, oggetto da tempo di iniziative comuni sia dell’Ente territoriale che della Soprintendenza”. Cioè, la nascita di questa impresa, ma ovviamente potrebbe essere di qualsiasi impresa, frenerebbe la nascente valorizzazione del sito archeologico Tres Tabernae.
E qui non si fa attendere, ovviamente, la risposta dell’avvocato Montanaro rappresentante gli interessi della Rifuture, che invia una missiva alla Regione Lazio e alle Soprintendenze di Latina e Frosinone, sottolineando che l’impianto che produrrà biometano e compost sorgerà in un’area “non soggetta ad alcun particolare vincolo ed esterna alla zona archeologica”, altresì “ribadisce per l’ennesima volta che non sussistono ragioni per poter valutare una istanza di revoca di provvedimenti regionali definitivi, avanzata dal Comune”. Anzi, alla Regione invia anche una planimetria sottolineando che “l’area corrispondente al sito archeologico di Tres Tabernae Appia Antica risulta essere un bene archeologico distante dall’impianto in questione 1,490 km. L’area interessata dall’impianto ricade inoltre nella porzione della zona industriale esterna alla limitazione dell’individuato parco archeologico e culturale” e che essendoci la volontà da parte dell’amministrazione di effettuare scavi archeologici va “tenuto conto che su detta zona insistono lotti con attività in essere e lotti da edificare, va sottolineato che l’attenzione dell’amministrazione comunale, al fine di tutela del bene, dovrebbe essere riferita a tali aree e non essere indirizzata a zone, come quella della Rifuture, esterne alla stessa, e dunque con argomenti del tutto privi di fondamento tecnico”. Come a dire: allora, questo vincolo archeologico e paesaggistico dovrebbe valere per tutti. E la lettera della Rifuture termina con una richiesta del legale che pare una minaccia, rivolta alla Regione Lazio: “E, conseguentemente, di procedere, senza ulteriore ingiustificabile indugio, al rilascio del Paur”, cioè vale a dire il provvedimento autorizzatorio unico regionale”. Ma crediamo che lo scambio di missive non finirà qui.